Affitti brevi, la Corte di Giustizia Ue: “Obbligo di riscuotere la cedolare secca”
“Airbnb deve riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi”. È questa, in sintesi, la sentenza pronunciata a Lussemburgo dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, a conclusione della vertenza iniziata nel 2017.
Il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, ha espresso apprezzamento per il pronunciamento della Corte, ricordando che “la federazione è intervenuta nel giudizio al fianco dell’Agenzia delle Entrate per promuovere la trasparenza del mercato, nell’interesse di tutti gli operatori, perché l’evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.
La sentenza odierna segna un punto importante, anche se c’è un percorso ancora da compiere. “I prossimi passi toccano al Consiglio di Stato – ha aggiunto Bocca -, che dovrà pronunciarsi recependo la sentenza europea, per consentire poi, all’Agenzia delle Entrate, di recuperare le imposte non pagate durante sei anni sfacciata inadempienza, applicando le relative sanzioni. In parallelo, chiediamo al Governo e al Parlamento di mettere ordine nella giungla degli appartamenti a uso turistico, che si nascondono dietro la foglia di fico della locazione, ma che, in realtà, operano a tutti gli effetti come strutture ricettive, e quindi devono essere soggetti alle medesime regole di base previste per alberghi, affittacamere e bed & breakfast”.
Ma ci sono già dei precedenti in tribunale: le pretese di Airbnb sono state, infatti, respinte una prima volta dal Tar del Lazio, con sentenza del 18 febbraio 2019. Nell’ambito del medesimo procedimento, ulteriori istanze di Airbnb sono state respinte dal Tar del Lazio il 25 settembre 2017 e il 18 ottobre 2017, dal Consiglio di Stato l’8 giugno 2018, dal Tar del Lazio il 9 luglio 2018 e il 18 febbraio 2019, dalla Corte di Giustizia europea il 30 giugno 2020.
Nel luglio 2018 il Tribunale Amministrativo ha anche condannato il portale al pagamento delle spese, in favore di Federalberghi e dell’Agenzia delle Entrate.
Secondo i dati elaborati da Incipit consulting e Centro Studi Federalberghi su Inside Airbnb, ad agosto 2022 gli annunci relativi ad alloggi italiani pubblicati su Airbnb erano 440.305.
Secondo quanto dichiarato dallo stesso Airbnb in tribunale, le somme da versare annualmente in Italia, rapportate ai ricavi del 2016, sarebbero state pari a circa 130 milioni di euro. Considerando che nel frattempo il numero di annunci pubblicato sul portale è cresciuto, è quindi stimabile che, nei sei anni di (mancata) applicazione dell’imposta, Airbnb abbia riscosso circa 7,5 miliardi di euro e abbia omesso di trattenere e versare al fisco italiano oltre 1,5 miliardi di euro. Senza dimenticare che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che gli intermediari sono sanzionabili per le omesse o incomplete ritenute da effettuare a partire dal 12 settembre 2017.
Le sanzioni applicabili possono arrivare al 140% delle ritenute non effettuate, di cui il 20% per non aver effettuato la ritenuta e il 120% per omessa presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta.
L’ultimo bilancio pubblicato di Airbnb Italy evidenzia imposte pagate in Italia per l’anno 2021 per circa un milione di euro; nello stesso anno, le somme incassate dal Gruppo a titolo di commissioni sugli affitti incassati nel nostro Paese possono essere stimate in oltre 180 milioni di euro. In altri termini, il gruppo paga allo Stato italiano un’aliquota pari allo 0,5% dei ricavi realizzati in Italia.